giovedì 20 novembre 2008

Panchine e panchine...

Qualche settimana fa mi è capitato di leggere un piccolo libro di Beppe Sebaste, : “Panchine.Come uscire dal mondo senza uscirne”. Sono una lettrice che si lascia affascinare anche dal titolo dei libri e questo mi aveva intrigato abbastanza ; è un libro piccolo piccolo, un quasi saggio sulle panchine, che , invece di fermarti e sederti ti invoglia a viaggiare, a conoscere , a farti tante domande. La panchina è lo strumento migliore per coltivare la «vita solitaria», e tuttavia è anche un oggetto collettivo. Questo doppio aspetto - singolarità e collettività - attraversa tutto il libro di Sebaste. La panchina consente la massima invisibilità. Seduti lì si diventa di colpo un elemento del paesaggio, come se questo arredo pubblico avesse la proprietà di fare scomparire. L'uomo o la donna sulla panchina è chiunque, ma anche nessuno. La panchina consente la familiarità con lo sconosciuto, permette lo scambio verbale, anzi lo esige, per quanto a volte lo possa anche respingere Mi è piaciuta molto anche la tesi che afferma , senza risvolti colpevolizzanti, che leggere "è optare felicemente per una vita secondaria”….L’orrore, la doccia fredda è arrivata qualche giorno dopo quando ho letto su “Repubblica” la storia del “clochard” bruciato su una panchina a Rimini.
Nel libro, nel capitolo “Margini”, Sebaste ricorda la “rappresaglia sociale” contro il popolo delle panchine avviata dalle istituzioni di alcune città, soprattutto nei confronti di chi non ha un posto dove dormire. Di chi sta, appunto, sempre ai margini. Di chi è “povero” quindi clandestino “non sul piano geografico ma ontologico”. Di chi usa lo spazio “pubblico” per sopravvivere e non per consumare. Le panchine le tolgono dalle città e dai parchi e le mettono nei centri commerciali. A Rimini forse non hanno fatto altro che portare alle estreme conseguenze alcune idee scellerate diffuse in questo paese.….ma la cosa che mi ha ferita maggiormente è stata la scarsa rilevanza data alla notizia e la mancanza di indignazione in noi cittadini…...Povera Patria!

2 commenti:

  1. Orrore, raccapriccio, senso di immensa pena per quel povero corpo che ha sicuramente sofferto in vita e non ha avuto, da questi ripugnanti esseri, non dico rispetto o educazione, ma almeno, e sarebbe in questo caso stata gradita, INDIFFERENZA.S.A.

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  2. Evero,se le panchine avessero occhi per vedere, orecchie per sentire e bocca per parlare potrebbero raccontare la storia di un Paese, della sua gente. Delle speranze nutrite in attesa di un viaggio, di incontri felici, di addii definitivi e di tanto altro ancora. Ho letto , ormai tanti anni fa , un libro di cui ricordo solo il titolo : "il rock della città vivente", in cui tutto ciò che sembra non avere anima, per un meccanismo assurdo prende vita, comunica e agisce. Sulle panchine delle stazioni ho passato lunghissime(così sembravano) ore in attesa di partire. Sulle panchine di giardini pubblici ho passato brevissime(così sembravano) ore a parlare con i miei amori, passati, ma non perduti.

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