lunedì 30 settembre 2013

La libertà di volare


Ogni uomo può immaginare la sua libertà, in una varietà di modi.
In una libertà che si adagia sul suo pensare,
oppure che si intreccia al suo vissuto, o ad una esperienza inimmaginabile,
oppure ad un percorso che io stesso non riuscirei ad immaginare,
oppure, l'artefice di questa immaginazione non riesce a prevederla, perchè ha deciso, che è il caso che lo guida!

Si può immaginare una libertà impregnata della calma e trascinante acqua di fiume, che ti conduce nell'immensità dell'oceano, oppure
sentire privi di peso e farsi trasportare da una brezza marina, oppure
tuffarsi in un limpido blu di mare, e nuotare rasentando il fondale, tra riflessi delle onde e le bollicine del tuo respiro, oppure
scivolare da foglia in foglia, come fresca goccia di rugiada, in una sinuosa e tondeggiante forma piena di riflessi dell'arcobaleno, oppure
salire in cima ad un vulcano ed aspettare che il suo eruttare ti trasporti al di là delle isole al di là del mare e ti faccia giungere alla marina di Rocco!

Stampa d'altri tempi dove si evidenzia l'antico approdo alla "calavecchi"a di Amantea.
Buon cammino e buon vento!

lunedì 16 settembre 2013

Di Leonida Repaci, una sintesi meravigliosa sulla nostra cara Calabria...

Quando fu il giorno della Calabria ..
Dio si trovò in pugno 15000 kmq di argilla verde con riflessi viola.
 Pensò che con quella creta si potesse modellare un paese di due
milioni di abitanti al massimo.
Era teso in un maschio vigore creativo il Signore, e promise a se stesso di fare un capolavoro.
Si mise all’opera, e la Calabria uscì dalle sue mani più bella della California e
 delle Hawaii, più bella della Costa Azzurra e degli arcipelaghi giapponesi.
Diede alla Sila il pino, all’Aspromonte l’ulivo, a Reggio il bergamotto,
allo Stretto il pescespada, a Scilla le sirene, a Chianalea le palafitte,
a Bagnara i pergolati, a Palmi il fico, alla Pietrosa la rondine marina,
a Gioia l’olio, a Cirò il vino, a Rosarno l’arancio, a Nicotera il fico d’India,
a Pizzo il tonno, a Vibo il fiore, a Tiriolo le belle donne, al Mesima la quercia,
 al Busento la tomba del re barbaro, all’Amendolea le cicale,
al Crati l’acqua lunga, allo scoglio il lichene, alla roccia l’oleastro,
alle montagne il canto del pastore errante da uno stazzo all’altro,
al greppo la ginestra, alle piane la vigna, alle spiagge la solitudine,
 all’onda il riflesso del sole. Diede a Cosenza l’Accademia, a Tropea il vescovo,
 a San Giovanni in Fiore il telaio a mano, a Catanzaro il damasco,
ad Antonimina il fango medicante, ad Agnana la lignite, a Bivongi le acque sante,
 a Pazzano la pirite, a Galatro il solfato, a Villa San Giovanni la seta greggia,
 a Belmonte il marmo verde. Assegnò Pitagora a Crotone, Orfeo pure a Crotone,
Democede pure a Crotone, Almeone pure a Crotone, Aristeo pure a Crotone,
Filolao pure a Crotone, Zaleuco a Locri, Ibico a Reggio, Clearco pure a Reggio,
Cassiodoro a Squillace, San Nilo a Rossano, Gioacchino da Fiore a Celico,
Fra’ Barlaam a Seminara, San Francesco a Paola, Telesio a Cosenza,
il Parrasio pure a Cosenza, il Gravina a Roggiano, Campanella a Stilo,
Mattia Preti a Taverna, Galluppi a Tropea, Gemelli-Careri a Taurianova,
Guerrisi a Cittanova, Manfroce a Palmi, Cilèa pure a Palmi, Alvaro a San Luca,
Calogero a Melicuccà, Rito a Dinami. Donò a Stilo la Cattolica, a Rossano il Patirion,
ancora a Rossano l’Evangeliario Purpureo, a San Marco Argentano la Torre Normanna,
a Locri i Pinakes, ancora a Locri il Santuario di Persefone,
a Santa Severina il Battistero a Rotonda, a Squillace il Tempio della Roccelletta,
 a Cosenza la Cattedrale, a Gerace pure la Cattedrale,
a Crotone il Tempio di Hera Lacinia, a Mileto la zecca,
pure a Mileto la Basilica della Trinità, a Santa Eufemia Lametia l’Abbaziale,
a Tropea il Duomo, a San Giovanni in Fiore la Badia Florense,
a Vibo la Chiesa di San Michele, a Nicotera il Castello,
a Reggio il Tempio di Artemide Facellide,
 a Spezzano Albanese la necropoli della prima età del ferro.
Poi distribuì i mesi e le stagioni alla Calabria. Per l’inverno concesse il sole,
 per la primavera il sole, per l’estate il sole, per l’autunno il sole.
 A gennaio diede la castagna, a febbraio la pignolata, a marzo la ricotta,
 ad aprile la focaccia con l’uovo, a maggio il pescespada, a giugno la ciliegia,
 a luglio il fico melanzano, ad agosto lo zibibbo, a settembre il fico d’India,
 a ottobre la mostarda, a novembre la noce, a dicembre l’arancia.
Volle che le madri fossero tenere, le mogli coraggiose, le figlie contegnose,
i figli immaginosi, gli uomini autorevoli, i vecchi rispettati,
i mendicanti protetti, gl’infelici aiutati, le persone fiere leali socievoli e ospitali,
 le bestie amate. Volle il mare sempre viola, la rosa sbocciante a dicembre,
il cielo terso, le campagne fertili, le messi pingui, l’acqua abbondante,
il clima mite, il profumo delle erbe inebriante.
Operate tutte queste cose nel presente e nel futuro
il Signore fu preso da una dolce sonnolenza,
in cui entrava il compiacimento del creatore verso il capolavoro raggiunto.
Del breve sonno divino approfittò il diavolo per assegnare alla Calabria le calamità:
le dominazioni, il terremoto, la malaria, il latifondo, le fiumare, le alluvioni, la peronospora,
 la siccità, la mosca olearia, l’analfabetismo, il punto d’onore, la gelosia, l’Onorata Società,
 la vendetta, l’omertà, la violenza, la falsa testimonianza, la miseria, l’emigrazione.
Dopo le calamità, le necessità: la casa, la scuola, la strada, l’acqua, la luce, l’ospedale,
il cimitero. Ad esse aggiunse il bisogno della giustizia, il bisogno della libertà,
il bisogno della grandezza, il bisogno del nuovo, il bisogno del meglio.
E, a questo punto, il diavolo si ritenne soddisfatto del suo lavoro,
toccò a lui prender sonno mentre si svegliava il Signore.
Quando, aperti gli occhi,
potè abbracciare in tutta la sua vastità la rovina recata alla creatura prediletta ,
Dio scaraventò con un gesto di collera il Maligno nei profondi abissi del cielo.
Poi, lentamente rasserenandosi, disse:
Questi mali e questi bisogni sono ormai scatenati e debbono seguire la loro parabola.
Ma essi non impediranno alla Calabria di essere come io l’ho voluta.
La sua felicità sarà raggiunta con più sudore, ecco tutto

Utta a fa juornu c’a notti è fatta -.
 Una notte che già contiene l’albore del giorno.

venerdì 30 agosto 2013

A termine della stagione estiva, il solito gruppo di amici si ritrova per cena, con la scusa di salutare gli emigranti al nord, si organizzano, per rinsaldare con la consueta convivialità, rapporti amicali che durano ormai da una vita,
Da noi si dice:
"e china sta appricatu all'atru e nun cucine, a sira si ricoglie murmuranno" (chi aspetta che gli altri preparino da mangiare, a sera torna, lamentandosi perché non c'è la cena pronta e nessuno l'ha preparata).

(estate 2013)
L’ultima cena…
Pè fari cosa bella e joculisa
di mamgiari ci stà na granna  stisa.
E tutti assulazzati i nà stagiuna tisa...
dintra lu coru avie nu saccu i risa.
China tene chiarizza o capa tosta,
china un vo capiri e lu fa apposta...
chilla persuna, ca  paria ben disposta
d’arrietu ti lu truovi ccù na supposta.
Di seriu un ci nnè memmenu unu...
mancu a li squagliari ppè fa sapunu.
Ma bona gente è, i ccà ognunu...
di la sua arte,  nu grannu spertunu.
E china vide difettu i si cristiani,
na botta i malanova, mancu cu li cani...
li sua paroli su vacanti e strani,
miegliu ca si schiaffie cu li sua mani.
V’arricurdati i chilla Donna Lena...
cà disse va bene...quannu truvau
la gatta e…  la figlia prena.
Ma arrassusia, chi pisu o chi gran pena...
ccù si cumpagni  fazzu (ppè mò) l’ultima  cena!


Dedicata in Amicizia ha chi ha il cuore libero e spassionato 
anche a color che non hanno partecipato!

sabato 24 agosto 2013

Maru de la mantia

Maru de la Mantia…

Quannu quitu stà e nun ti muovi, cumu panno di vellutu tu m’abbrazzi e… duciu tu mi dù, tanti carizzi…
 quannu fa cadu e nun si pote, tu m’arrifrischi u cuorpu e la medulla, e insiemi a tia mi sientu cullatu d’intra a culla…

domenica 14 luglio 2013

Sul sentiero dei monasteri della Calabria Ionica

Due giorni percorrendo a piedi i sentieri che conducono ai monasteri e agli eremi dell Calabria Ionica. Dall'eremo di Sant'Ilarione alla Madonna dello Scoglio al Santuario di Monte Stella, al monastero di San Giovanni  Theristis di Bivongi fino alla Certosa di Serra San Bruno.
Il percorso è stato ideato e dettagliato da Cosimo, che lo ha testato e verificato nella fattibilità e nella spiritualità del cammino.
Nei due giorni del 5 e 6  luglio 2013, il sentiero è stato percorso da: Cosimo, Giuliano, e Francesco, il secondo giorno si è unito Vincenzo.

Primo Giorno,
Lunghezza: 32 km, solo andata
Dislivello: 500 m
Tipo di percorso: strada sterrata (90%) e strada asfaltata

In questo primo frame è visibile e scaricabile il percorso del primo giorno che parte dall'eremo di Sant'Ilarione sito nella fiumara Assi, passando per il santuario della Madonna dello Scoglio di Santa Domenica, raggiungendo il Monastero di Monte Stella e concludendo il percorso al monastero di San Giovanni Theristis.
Il percorso ha avuto inizio con l'ospitalità di Frederic, che ci ha ospitato nell'eremo di Sant'Ilarione, dove abbiamo condiviso, la sua spiritualità e la spiritualità del luogo, condividendo le preghiere, i canti dei salmi, il cibo e il dormire, all'alba ci siamo messi in cammino sospinti dal vento che soffia dentro la fiumara dell'Allaro. Siamo giunti al santuario della Madonna dello Scoglio, una piccola sosta ed abbiamo continuato fino a raggiungere il Santuario della madonna di Monte Stella, dove siamo stati accolti dal parroco e dalle persone che gestiscono le celle del santuario, anche quì abbiamo condiviso la preghiera e l'ospitalità! La chiesa del santuario è collocata in una grotta profonda 20 metri. Dopo esserci riposati abbiamo continuato raggiungendo Bivongi, attraverso il passo dello 'sghiccio' ed arrivando al Monastero di San Giovanni Theristis, dove ci hanno accolto i monaci ortodossi, anche quì abbiamo condiviso i canti e la loro ospitalità.












Secondo Giorno, 
Lunghezza: 24 km, 
solo andata Dislivello: 750 m 
Tipo di percorso: strada sterrata 
In questo secondo frame è visualizzabile e scaricabile il percorso che parte dal monastero di San Giovanni alla Certosa di Serra San Bruno, il percorso si sviluppa tutto su strada sterrata, percorrendo boschi di leccio, faggio e abete, e percorrendo il sentiero dell'antico e meraviglioso bosco dell'Archiforo.
Si riparte all'alba lasciando il Monastero di San Giovanni e inerpicandoci fino a raggiungere monte Cucolia ed arrivare alla Pietra del Caricatore, interessante monolita all'interno del bosco dell'Archiforo. Durante il tragitto siamo stati sorpresi da un forte temporale, che ci ha fatto ritornare bambini.


 



lunedì 25 marzo 2013

Alla ricerca di Temesa, museo Archeologico di Serra d'Aiello


Lunghezza: 12 km, andata e ritorno
Dislivello: 370 m
Tipo di percorso: strada sterrata e strada asfaltata
Adatto a tutti 


Questa escursione parte dalla SS18, in prossimità della foce del fiume d’oliva, risalendo la sinistra orografica del fiume Oliva (il lato destro guardando il fiume in direzione contro corrente). Si costeggia il fiume, fiancheggiando verdi campi di cipolle e ammirando i rami contorti degli alberi di fico. Inizia una lieve salita tra gli uliveti e i fiori gialli di acetosella (visciula), e dopo qualche curva si incontra una maestosa quercia con il tronco quasi adagiato sul terreno. Questo percorso è stato fatto già diverse volte e con ‘camminanti’ diversi, ma oggi abbiamo un appuntamento al Museo archeologico di Serra d’Aiello. In questo tragitto, attraversiamo la località ‘Carratelli’, ‘Imbelli’, ‘Cozzo Piano Grande’ e ‘Cozzo Carmineantonio’, luoghi in cui è stato scoperto il Santuario denominato ‘d’Imbelli’, datato 500 avanti Cristo, del santuario restano le basi e delle mura, ma all’interno sono stati ritrovate più di 100 punte di lancia e uno scettro in bronzo, presumibilmente un bottino di guerra, consegnato come offerta votiva (i ritrovamenti li osserveremo poi nel museo). Sempre nel territorio di Serra d’Aiello, sono state ritrovate delle sepolture, collocate direttamente nel terreno, ricche di corredi funebre, risalenti ad insediamenti dell’Età del Ferro e del Bronzo, prima ancora dell’arrivo dei Greci. Di queste sepolture se ne distingue una in particolare, relativa ad una donna, denominata ‘la Principessa di Temesa’, che contiene bellissimi monili in bronzo. Nel nostro percorso arriviamo alla ‘cona’, dove è situata un’edicola dedicata alla Madonna, all’interno è collocata l’effige della Madonna del Carmine, dipinta su ceramica. In questo tratto ci ‘affacciamo’ nel vallone delle ‘Sciodde’. Continuiamo ed incontriamo una piccola area pic-nic ombreggiata da pini e successivamente passiamo davanti l’ingresso che porta al sito archeologico di Piano Grande, che purtroppo e chiuso. Incontriamo le prime case di Serra d’Aiello e raggiungiamo il Museo Archeologico, dove ci accoglie il ‘volontario’ del gruppo archeologico ‘Alybas’, che ci guiderà all’interno delle sale del museo, illustrandoci tutti i ritrovamenti e le relative origini storiche. Soddisfatti di ciò che abbiamo visto, e orgogliosi di calpestare un sito ricco di storia, ci incamminiamo sulla strada del ritorno, ammirando un fantastico tramonto con lo Stromboli fumeggiante e le altre isole. Escursione con Rocco, Nino, Roberto e suo figlio. 

Alla prossima, Giuliano!




lunedì 11 marzo 2013

L’unna di lu maru

L’unna di lu maru!

Arrive lu marusu ccu vulelli e pumici!
Arrive s’unna, chijna i ritiragna e malutìempu!

Arrumme  l’unna i menzijuornu  abbulannu sc-cùma e orfanìelli!

Caminu, ppe si liti i mari,
circannu i mìegliu penzìeri i na’ gioventù ca un’ha saputu fari!

S’infosse e mpìnge su pìedu miu dintra na rizza,
malidiciennu u jùornu ca l’amu abbannunata.

S’aggire supra a capu nostra na neglia grossa e nira,
ca minte cuntu i adduvu jamu!

Rimu e caminu ‘ncapu l’unna di lu maru.

Na fraga ni trascine dintra nu libicciu,
ca u drittu sguardu da matina nu scumpiglie!

U sulu pune ammucciannu a capu russa,
arrietu nu strùommulu ca fume!

Rimu e caminu, e ancora caminu e rimu
ppè sa via ca porte allu cunfinu di lu munnu,
ppè trovari chillu ca stamu circannu
e chillu ca puru atri vulivunu truvari,
du nannu mio ccu patrima,
ca allu chiaru da luna chijna aspettavanu a stilla da matina,
a patrima inzìemi a mmia,
‘ncapu nu bastimièntu d’illusi sventurati ca all’merica ni portave,
e iu e figlima,
nu carricu i penzìeri e sc-chjanti,
rimamu e caminamu dintra nu surcu i luna calante!

Vi lassu sa cunnanna, chijna i gioie e di duluri,
ca già tuttu è scrittu dintra sa rina
ca mò nua ciampamu!
supra stà rina adduvu l'urma nua lassamu.

Arrive l’unna di lu mari,
mmoliche e riminìe, arrivòte e allisce.

Nu chijantu i guagliuniallu, ni giramu!
e n’accorgimu,
ca sulu nu sbandu nua lassamu!


g. g.