domenica 11 maggio 2014

Escursione tra storia e natura. Visita a Briatico Vecchia, i paesi dell’abbandono!

Leggendo un articolo scritto dall’archeologo calabrese Francesco Cuteri, in cui descriveva i villaggi calabresi, che gli abitanti avevano dovuto abbandonare a causa dei terremoti, frane, alluvioni o bombardamenti, tra i nomi dei villaggi abbandonati, vi erano Cirella Vecchia, Castelmonardo (Filadelfia VV), Rocca Falluca, Rocca d’Angitola, Mileto, l’amata residenza di Ruggiero di Guiscardo, Papaglionti, Canolo Vecchio, Rogudi Vecchio, Mesiano Antico, e tra questi vi era Briatico Vecchia, tutti villaggi che il tempo, la natura e la spoliazione dell’uomo, li hanno ormai ridotti a cumuli di macerie.
Alcuni questi villaggi li ho già visitati, ma Briatico Vecchia, con la descrizione che ne dava il Cutera, come villaggio distrutto dal tremendo terremoto 5 febbraio del 1783, e da quel giorno in poi abbandonato tanto era stata la distruzione, mi incuriosì e mi attrasse e proseguii, a reperire maggiori informazioni, e mi sono imbattuto sul sito di Tropeamagazine, in un articolo redatto da Francesco Pugliese, incentrato sul rinvenimento di un atto notarile del 1600, scritto dal notaio Pietro Gallarano. Notaio che nel 1631 si era recato a Briatico Vecchia, un paese della allora Calabria Ultra, e ne dava una descrizione fisica ed economica, descrivendolo come un paese posto sopra una ‘montetto’ di pietra dolce, facile da proteggere a causa dei muraglioni naturali, un paese pieno di vita, con dottori, medici, speziali, massari, scarpari, preti, monache, fabbricatori di bracciali, una terra dolce, in cui si coltivano vigne, uliveti, frutti donati da una generosa terra, posizionato in un luogo da cui si ha la vista del mare ed una bellissima vista delle colline, e poi continua descrivendo gli edifici ed elenca le chiese, i monasteri, le torri di guardia, il palazzo del signore, e ne descrive anche le vie ‘penninose inselciate di selce’, e poi continua descrivendo i casali e l’attività che si svolgeva presso la ‘Rocchetta’ posta in riva al mare ‘…Detto luogo è Carricaturo, dove si tiene, e si può tener traffico di carriare ogli, grani, casi, bambace, sete et altro, che la terra predetta abbonda, e tiene, e fa in quantità…’ Dopo queste letture, non si poteva fare altro che visitare questo luogo, ‘fantastico’, che aveva ormai riempito la mia, la nostra immaginazione. Briatico attuale è posto sul mare nella provincia di Vibo Valentia, Briatico Vecchia, è a due chilometri ma all’interno. Per raggiungerlo non vi sono indicazioni, e le persone di Briatico, a cui ho chiesto informazioni, mi hanno fornito discordanti informazioni fatte di ricordi giovanili. I tentativi per raggiungere il villaggio, sono stati due, una prima volta abbiamo intrapreso la strada che conduce a San Costantino, ma Briatico Vecchia l’abbiamo potuto ammirare dall’altra parte della fiumara Murria, dato che tra il luogo dove noi eravamo e Briatico Vecchia, ci separava un profondo vallone, ma quel giorno ci siamo deliziati ugualmente della visita al villaggio rupestre dello XI secolo di Zungri. La seconda volta abbiamo preso la strada che conduce a San Cono, ma intenzionati a raggiungerlo, abbiamo applicato la testardaggine di calabrese, quindi non potevamo mancare la meta. La nostra fortuna è stata quella di incontrare un contadino che stava potando degli ulivi, che con un calmo sguardo azzurro posto in risalto dalla pelle abbronzata, ci ha indirizzati sulla giusta strada! Abbiamo lasciato la macchina in prossimità della strada asfaltata, e ci siamo incamminati, lungo una strada sterrata, ed al primo bivio abbiamo svoltato a destra, (l’altra strada conduce ad una cava). Briatico Vecchia è posta ad una altezza di 150 metri, ma l’inizio di questo percorso, si trova più all’interno di Briatico Vecchia ed a una altezza maggiore. Percorriamo il crinale di una collina, nominato San Rocco, ed attraversiamo, un paio di recinzioni poste ad impedire l’accesso o la fuga degli animali al pascolo. Incrociamo uno steccato in legno che delimita un sentiero, sicuramente il segno lasciato da qualche associazione o proloco che aveva cercato di ripristinare un vecchio tragitto.
Da qui intravediamo i ruderi dei muri di cinta, mentre sulla sommità si scorge quel che rimane dell’antico castello, e sui lati delle colline si intravedono delle grotte, che poi scopriremo non sono altro che stanze con i soffitti a botte, ma ancora non siamo arrivati, ed un difficoltoso e stretto passaggio ci separa da questa rocca. Ci incamminiamo in uno stretto passaggio e notiamo dei consumati gradini intagliati nella roccia, sicuramente doveva essere il vecchio accesso dal lato monte. Le mura di cinta che incontriamo fanno assumere a Briatico Vecchia, l’aspetto di una grande nave, la collina che lo sostiene è di colore bianco, ed altro non è che una roccia, di friabile arenaria zeppa di conchiglie fossili. Ai lati di questa collina, che assume l’aspetto di un isolotto, scorrono due fiumare, Murria e Spadara, di cui se ne sente lo scrosciare delle acque. L’ingresso al villaggio è salutato da una piccola volpe che ci guarda ‘sbigottita’, a da cavalli con timidi puledri vellutati, che armoniosi con il luogo e indifferenti alla nostra presenza pascolano tra le rovine. Abbiamo iniziato a girovagare tra i ruderi di Briatico Vecchio, grazie ai sentieri tracciati dai cavalli e dalle mucche, dato che i rovi e gli alberi crescono incontrollati dove una volta vi erano saloni o chiese. Ci siamo addentrati, nei locali che credevamo fossero grotte, e molte di queste hanno ancora intatto il soffitto a botte, ormai divenute rifugio per animali. Riusciamo ad entrare anche nelle stanze fortificate del castello, qui le mura sono spesse circa quattro metri, questo giustifica la loro interezza. Ma gli elementi più suggestivi che ci hanno colpito, sono stati i pochi resti della bugnatura del castello, composta da pietre in arenaria scolpite a diamante, che mettono in risalto l’arte dell’abbellimento che si esercitava e non solo il carattere difensivo ed austero che solitamente hanno i castelli arroccati. Soddisfatti di averlo visitato, ritorniamo con la luce rossa del tramonto, che illumina grossi nuvoloni, mentre la nostra vista spazia sull’altopiano del monte Poro e l’ampio specchio di mare del golfo di Santa Eufemia. Sperando sempre che questi luoghi dell’abbandono, diventino luoghi di memoria!

Per rendere condivisibile il percorso, a questo link si può scaricare la traccia del percorso http://www.gpsies.com/map.do?fileId=lhnshyskxtalnwio (.kml o altri formati) oppure visionare il tragitto utilizzando il software ‘google earth’ scaricando la traccia in formato .kml. Il percorso è lungo 6 chilometri compreso il ritorno, con un dislivello di 250 metri, e si svolge su strada sterrata e sentiero. Il percorso è un po’ disagevole, quindi bisogna essere attrezzati di scarpe adatte!

 Per leggere per intero l’atto notarile, collegarsi al link sul sito di Tropeamagazine http://www.tropeamagazine.it/briaticovecchia/francescopugliese/ http://www.tropeamagazine.it/briaticovecchia/francescopugliese/, di cui vi allego parte del documento. Amantea, maggio 2014 Buon camino da Giuliano!

 Stralcio dell’atto notarile
“Briatico in Calabria Ultra. Stà la Terra posta in luogo eminenti edificata sopra un Monti di pietra dolce, che gli potia far muraglia naturale; però per maggior securtà, e fortezza sopra detta pietra è murata di muraglie artificiali, con torrioncelli di convenienti grossezza attorno, che viene a essere la Terra predetta forte, e con poca gente; si può difendere da' nemici, et è distanti dalla marina un miglio circa; attorno detto Montetto sono pastinati alle sue falde diversi frutti, seu giardini bellissimi, però per la carestia di genti per non esserno governati stanno maltrattati, et al piano di detto Montetto vi cegne un fiumicello da due parti, et attorno detto Montetto, seu Terra sono altre montagliole di buonissimo terreno, dove sono territorji piani, vigne, oliveti, frutti et altro, che oltre la vista di mare tiene bellissima vista di colline, territorji, valli, et altro attorno. S'entra in detta Terra da due parti, una stà verso Mezzogiorno e l'altra verso occidenti, però quella che stà verso Occidenti stà fabbricata causa delle guardie, che fanno della pesti, e vuole, che s'entri solo per detta porta verso Mezzogiorno, qual è fortissima per avere un altra contraporta più sopra. Le strade di detta Terra sono quasi tutti penninose inselicati di selci, che a tempo di pioggie si mantengono asciutti. Le case di detta Terra sono di buonissimo magisterio coverti a nostra usanza napolitana, e di tegole, e pare da fora una grossa Terra, però da dentro per essernoci pochi abitanti è assai desolata, e si vede, che ci mancano assai genti, e quelle poche genti, che sono molti uomini civili che vivono d'entrati nobilmente, vi sono doi Dottori, un Medico, un Spetiale, tre Barbieri, cinque Sartori, doi Scarpari, un fabbricatore, faticatori, bracciali, Massari, et altri poveri per esser la Terra predetta assai strutta ut sopra, mà compariscono così gli huomini, come le Donne d'honorevoli vestiti, tengono, et usano civile conversazione per quello che apertamente si può conoscere, e considerare, sono persone astute, trafficanti, pieni di malizia, e tengono corrispondenza tanto nelle città del contorno, quanto per le parti trafficanti del presenti Regno. …”

sabato 8 marzo 2014

La via delle torri, da torre Gallo a Torre Conocchia, ritornando dal Tuvolo

Escursioni tra storia e natura: ‘La via delle torri di avvistamento e difesa’
 • Percorso – Dalla torre Gallo alla torre Conocchia, transitando nella valle di Gallo, con il ritorno dal Tuvolo.
Dati tecnici - Il percorso è di circa 15 chilometri, con un dislivello di 400 metri, si svolge su strada sterrata ed asfaltata, è un tragitto ad anello ed è adatto a tutti, percorribile in circa cinque ore!
 Buon cammino!

Questa escursione ha come particolarità, la vista alla casa torre Gallo e Conocchia. Le casi torri sono delle costruzioni a forma di parallepipedo di lato 5/6 metri poste su tre piani, la data di costruzione risale circa al 1600, ad opera dei dei feudatari per proteggere il raccolto dei campi e i 'propri' contadini. La casa torre quindi è un rifugio utilizzato dai contadini, che vi si barricavano all'interno, stipandovi i beni preziosi, quali i familiari, il raccolto e gli animali domestici. Le case torri sono caratterizzate da caditoie poste in corrispondenza della porta d'ingresso o altre aperture. Da queste caditoie poste all'altezza della soffitta, venivano lanciate pietre o altri oggetti o liquidi che potevano far desistere l'incursore saraceno, brigante o qualunque altro malintenzionato, oltre le caditoie sono le feritoie da cui poter osservare dall'interno senza esser visti, oppure utilizzate per tirare qualche tiro di arma da fuoco.
L'escursione ha inizio, dal ponte del fiume Olivo posto sulla SS18, e si imbocca la strada sterrata collocata tra la strada SS108 che conduce ad Aiello Calabro e il fiume Olivo.
E' una calma e azzurra giornata di febbraio, all'appello vi sono Franco, Svietlana, Orietta, Rocco ed io, colazione a sacco, un paio di scarpe comode, macchina fotografica e 'gambe in spalle' si parte.
Lungo il percorso si vede il fiume di Olive scorrere veloce, si incontrano i contadini che preparano il terreno per la coltivazione delle cipolle, ma la cosa più interessante sono le collina che si ergono alla destra orografica del fiume, e cioè ‘Cozzo Piano Grande’ e ‘Cozzo Carmineantonio’, sono le colline in cui sono stati fatti i ritrovamenti delle tombe a grotticella datate XVIII – XIV secolo a.c. di età arcaica. I ritrovamenti si possono ammirare nell’Antiquarium di Serra Aiello, gestito da un gruppo di volontari disponibilissimi ad illustrare i ritrovamenti, di particolare bellezza il corredo funerario di una donna definita 'la regina'. Ma oltre a queste tombe, in località  ‘Imbelli’, è stato un Santuario datato 500 avanti Cristo, risalente ai coloni della Magna Grecia.
Chiacchierando sulla storia che ci 'accerchia', dopo circa 2,3 km la stradina ci conduce fino a torre Gallo, siamo accolti da 5 o più cagnolini e da un'oca 'da guardia' e dalla signora Emilia, che ci aveva scambiati per i 'mascerati di carnevale', visitiamo la torre e i sui apparati difensivi, si notano le due caditoie poste in direzione delle porte d’ingresso e l'incisione su una pietra arenaria, l'ipotetica data di costruzione 16?1. Torre Gallo era in comunicazione con torre Conocchia, e torre San Giovanni da cui era possibile raccogliere i segnali di avviso per allestire una veloce difesa. La posizione di torre Gallo era strategica dato che era posta all'imbocco del fiume d'Olivo.  La torre è ben tenuta, e il probabile riuso sarebbe un piccolo agriturismo (che ben venga).
Lasciamo la torre e la signora Emilia e proseguiamo sulla strada principale, dopo il locale San Michele, si imbocca una strada che svolta a destra che si addentra nel fiume Olivo, si passa sotto il ponte della SS108 ed inizia una leggera salita, da cui si nota sulla destra un vasto uliveto e la contrada Gallo e contrada San Michele. Si giunge a torre Conocchia, che si eleva nella sua altezza di circa 12 metri a pianta quadrata, e si sviluppa su tre piani. La torre presenta ancora le mensole utilizzate per la difesa piombante, in asse con le porte d’ingresso, e diverse feritoie, ed è presente anche un piccolo ponte, ora in cemento che permette l'ingresso, e da cui entro per visitarne l'interno. Vi è una prima scala in arenaria con stretti e alti gradini, le altre scale sono in legno, la costruzione è quasi priva di tetto e questo comporterà nel tempo il crollo e disfacimento delle mura (mi piange il cuore). Questa torre domina tutta la valle di Gallo ed è in comunicazione con torre Gallo e la torre costiera di San Giovanni di Campora San Giovanni. Nei dintorni della torre sono stati ritrovati, i resti di una villa romana, del I secolo dopo Cristo, sul sito sono visibili strutture in opus caementicium, pithoi per derrate (grossi recipienti interrati), che evidenziandola presenza di una villa in vita dal I al V sec.d.c. (tratto da Villae romanae nell'Ager Bruttius. Il paesaggio rurale calabrese durante il dominio romano).
Torre Conocchia, necessita di interventi urgenti di ristrutturazione, ormai il tetto ha ceduto ed una importante fenditura si sta aprendo su di un lato. Dialogando con i proprietari, dicevano che fin quando era abitata, la manutenzione veniva eseguita oggi è abbandonata alle intemperie. Volendo si può tornare sulla strada appena percorsa, oppure continuare e godersi della vista degli iris bianche e azzurri, dei profumi primaverili o autunnali della campagna di Gallo abitata da persone operose intente ad accudire gli uliveti e le vigne.
Noi oggi continuiamo e seguiamo lo strada che conduce alla chiesa di Sant'Elia, che in poco tempo raggiungiamo, ed imbocchiamo la strada che conduce al Tuvolo, ci troviamo al punto più alto del cammino, siamo a circa 400 metri sul livello del mare, ed il mare oggi è di un bel blu ed è chiazzato di macchie più scure che sembrano arcipelaghi, altro non sono che l'ombra delle nuvole che viaggiano leggere sopra di noi. Lo Stromboli con il suo pennacchio di fumo da questa posizione mostra tutta la sua grandezza.
In prossimità dell'agriturismo Cannatiello, il nostro amico Nino e il suo cane Tea, ci accolgono nella sua 'stupenda' casa, offrendoci un buon caffè ed una vista a 180 gradi del mare.
Riprendiamo la strada e questa volta di avventuriamo in una ripidissima discesa, tra le pietre calcare del Tuvolo, in poco tempo raggiungiamo Pietra Tagliata, vicino l'ex discoteca Il Fauno, ormai siamo arrivati in prossimità del fiume Olivo, e soddisfatti, stanchi e appagati ci congediamo da questo 'cammino fatto insieme'
Alla prossima!
Il camminante: Giuliano Guido
Per chi volesse scaricare il file del percorso, può farlo, linkando la mappa sottostante, servizio offerto dal sito Gpsies.

giovedì 23 gennaio 2014

Escursioni tra storia e natura: ‘La via delle torri di avvistamento e difesa’. Percorso – Dalla torre San Giovanni di Campora San Giovanni alla torre della Principessa, passando per la contrada Augurato e Mirabella.

Escursioni tra storia e natura: ‘La via delle torri di avvistamento e difesa’ 
Percorso – Dalla torre San Giovanni di Campora San Giovanni alla torre della Principessa, passando per la contrada Augurato e Mirabella.
Dati tecnici - Il percorso è di circa 10 chilometri, con un dislivello di 200 metri, si svolge su strada sterrata ed asfaltata, è un tragitto ad anello ed è adatto a tutti, percorribile in circa quattro ore! 
Buon cammino!

Quanta ‘storia’ in pochi ‘tumminati’ di terra

Premessa
Queste escursioni o passeggiate si svolgono tra gli uliveti, le macchie mediterranee di mirto e lentisco, tra i rossi corbezzoli e i petali ‘stropicciati’ dei cisti, tra i boschi di leccio o sugherello, su promontori da cui godersi l’ampio specchio di mare del golfo di Santa Eufemia che spazia da capo Vaticano a capo Palinuro, con la visione delle isole Eolie, accompagnati dal profumo ‘giallo’ delle ginestre, o delle zagare degli agrumeti, con la vista di monte Cocuzzo o della Montea o del monte Mancuso, ma oltre questa natura che la terra di Calabria così varia nella morfologia e nella conformazione territoriale, ci offre in modo anonimo e disinteressato strati e strati di storia, accumulatosi nel corso dei millenni. Una storia sepolta sotto pochi centimetri di terra, dimenticata dagli uomini che vi vivono, forse perché ritengono che questo ‘passato’ non gli appartenga o forse perché è ancora troppo breve il tempo che serve a dimenticare un ‘passato’ fatto di sacrifici e stenti, un passato di una ‘Calabria Citra’, un passato feudale e clericale, un lungo medioevo che in questa terra forse è durato troppo!






L’escursione
Questa escursione, si svolge, visitando la torre San Giovanni, passando dalla torre della Principessa e compiendo un percorso ad anello, transitando dalla contrada Augurato e dalla contrada Mirabella.
L’area geografica che attraverseremo ci fornisce strati di storia, accumulatosi nel corso dei millenni, in una terra che ha visto abitanti stanziali o persone in cerca di conquista. 
In questo dolce pendio collinare, esposto al sole del tramonto, si sono susseguiti popoli pre-ellenici, Bretti, della Magna Grecia, dell’impero romano, di contadini ‘fedeli e sottomessi’ ai feudi dei signorotti borbonici o clericali. Uno spaccato di storia che giace sotto pochi centimetri di terra trattenuta o forse preservata dalle radici degli ulivi, dove ogni tanto la lama del vomero, porta alla luce qualche ‘pietra vecchia’ o qualche pezzo di ‘ferro verde’. 

Il percorso ha inizio, dalla torre San Giovanni, collocata nel comune di Campora San Giovanni, la torre è di forma circolare, con un diametro di 9 metri, con scarpa, senza toro di divisione. La data di costruzione risale al 14° secolo, la torre, per la sua mole aveva la funzione sia di avvistamento e di difesa. Tutta la ‘fabbrica’ è inglobata in un nucleo di case aggiunte, ulteriori cambiamenti si sono avuti, a causa delle aperture per mettere in comunicazione le nuove costruzioni. Della torre, si possono ancora osservare, una corona di beccatelli in arenaria a tre mensole, ancora intatti. Questa torre rispetta la logica difensiva, messa in atto durante il periodo viceregnale, di comunicazione visiva, tramite segnali di fumo di fuoco o scoppi, con la torre posta a nord, cioè la torre Coracena e la torre posta a sud, cioè la torre della Principessa.


Lasciamo la torre San Giovanni e si prosegue sulla vecchia Nazionale in direzione sud, di fronte a noi si apre la fertile, piana alluvionale creata dal fiume Savuto e dopo un rettilineo di circa un chilometro, si scorge sopra un piccolo rialzo, la torre della Principessa. 

Si può visitare la torre dall’esterno, e volendo e con un po’ di attenzione al terreno un po’ accidentato, si può raggiungere la base. La torre è a pianta quadrata, si possono scorgere ancora i punti di ancoraggio delle caditoie poste sopra ogni lato, le quali sono state demolite per alleggerire la struttura. La torre è di epoca viceregnale, ed è stata costruita in seguito all’editto del viceré don Pedro Parfan de Ribera duca d'Alcalà che imponeva la costruzione di torre costiere per limitare l’attacco dei saraceni o turchi che provenivano dal mare. 
Sopra il terrazzo in un periodo successivo è stata realizzata una ulteriore costruzione in muratura. Sulla porta d’ingresso, vi era lo stemma dei Cavallo Marincola, ora asportato (rubato?), si possono individuare ancora le feritoie, di cui una ampia sul lato mare, e sull’ingresso ve ne è una con incisa una data ‘1836’, presumibile quella di restauro. 
Entrando, nella torre, in prossimità della porta d’ingresso è presente un piccolo forno e nelle ampie stanze vi sono ancora attrezzi di uso contadino, tramite una scala si accede al primo piano e da qui alla terrazza. Fino a poco decenni fa era abitata, ora è in completo abbandono e si evidenziano diversi punti di cedimento. La torre aveva la funzione di avvistamento delle incursioni e di difesa del feudo, doveva essere presente un piccolo presidio armato. 
La torre è in comunicazione visiva, a nord con il torrione e a sud con torre Terina e torre Casale. 
La torre della Principessa, ancora oggi potrebbe essere riconsolidata ed adibita a spazio museale etnografico o per mostrare i reperti archeologici, in modo da illustrare la ‘storia’ che si è susseguita in questa area.

Continuando la nostra passeggiata, a poche decine di metri, lungo la stradina, sul lato collinare è stata rinvenuta una villa romana di epoca imperiale, di grandi dimensioni, di cui si sono stati riportati alla luce, recentemente, i muri perimetrali e degli splendidi mosaici, oggi sono visibili solo i muri perimetrali il resto è stato volutamente interrato per la conservazione, in attesa di ulteriori studi archeologici. 
Si lascia la torre della Principessa e si sale lungo la strada che conduce alla contrada Augurato. Stiamo calpestando il suolo dove era situata l’antica città della Magna Grecia, citata da Omero nell’Odissea, Temesa. 

La Temesa dei greci
Omero narrando le gesta di Telemaco, figlio di Ulisse, scriveva: “Con navi io giunsi e naviganti miei, fendendo le salate onde ver gente d’altro linguaggio, e a Temesa recando ferro brunito per temprato rame, ch’io ne trarro”. Temesa ebbe forte rilievo commerciale, perché riforniva i greci ai tempi di Omero, di ferro e rame, estratto dalle miniere poste nel suo territorio. Intorno al 194 a.C Temesa divenne colonia romana. 

Il mito di Eutimo e Polite.
In questa escursione è con noi Mario Aloe, che ci ricorda il mito di Eutimo e Polite che ebbe origine proprio a Temesa (472 a.c.). Il mito racconta di Ulisse, che nel suo girovagare nelle città italiche, sbarca a Temesa, ed uno dei suoi uomini, Polite, ubriaco, approfittò di una giovane donna della colonia, gli abitanti lo uccisero lapidandolo. 
Ulisse indignato dell’accaduto impose alla città pesanti tributi e lo spirito di Polite, si trasformò in un demone orrendo, di carnagione scura e rivestito con una pelle di lupo, di nome Alibante, che uccideva tutti i temesani che incontrava. Gli abitanti di Temesa, per porre rimedio al demone, si rivolsero all’oracolo di Delfi, che ordinò di sacrificare ogni anno al demone la vergine più bella della città. I temesani accettarono e costruirono un tempio tra gli ulivi selvatici, dove si sarebbe sacrificata la vergine. Un giorno il pugile locrese Eutimo, entrò nel tempio durante la cerimonia del sacrificio, si impietosi del fatto e si innamorò della vergine. Il pugile Eutimo sfidò il demone Alibante, lo vinse e lo costrinse alla fuga sprofondando nel mare.

Contrada Augurato e Mirabella



Risalendo la collina incontriamo un primo incrocio e prendiamo la stradina a destra e dopo un fabbricato diroccato, si prende la stradina a sinistra. Si raggiunge in poco tempo la contrada Augurato, un borgo di poche case in cui vi era la residenza del proprietario e poi del fattore. In questa contrada che ricorda le colline toscane, è presente un palazzo che per metà è stato ristrutturato in modo ‘moderno’ e l’altra metà mantiene il vecchio impianto. Sull’ingresso del caseggiato è presente lo stemma nobiliare, vi è anche la chiesetta di Santa Filomena, e tra la chiesa e il palazzo, vi è una bellissima fontana, denominata ‘du Peshcaru’ con un mascherone ‘apotropaico’. Nel borgo sono presenti ancora le macine del frantoio e vi sono anche due feritoie, per la difesa di eventuali attacchi di predoni. 
Si lascia questa contrada proseguendo per la stradina e si svolta alla prima a destra, si continua fino a raggiungere una seconda contrada denominata ‘Mirabella’. Anche questa è un piccolo borgo dedito ancora alla coltivazione e lavorazione dell’olive, oggi qui si possono degustare squisiti formaggi prodotti dalla azienda Pino. In questa contrada vi è una piccola chiesetta dedicata a Sant’Anna, dove è possibile entrarvi chiedendone la chiave. 
Da questa altura si ammira il panorama sul golfo di Sant’Eufemia, e se il cielo è terso si possono vedere le isole Eolie con il cono fumante dello Stromboli, e poi Salina, Panarea, Lipari, Vulcano, e se si è fortunati guardando ancora più a sud, si intravede il vulcano Etna. 
A questo punto abbiamo toccato il punto massimo di altezza e torniamo sulla strada di ritorno, ma senza rifare la strada precedentente, bensì un percorso ad anello. Volendo, in una prossima escursione, si può continuare il percorso per raggiungere Cleto. 
Dopo poche centinaia di metri si raggiunge la SS108, cioè la strada che conduce a Serra d’Aiello, la si imbocca in direzione di Campora S.G., chiudiamo l’anello raggiungendo la torre San Giovanni. 

Le contrade di Augurato e Mirabella, sono la memoria della storia contadina di questi luoghi, una storia rimasta uguale nelle abitudini, nei riti, nei modi di coltivare, nel ripetersi delle stagioni e delle generazioni, per centinaia di anni, ‘un medioevo’ durato fino ai primi anni del 1900.
E’ da ricordare che nel territorio della torre della Principessa è stato ambientato parte del racconto storicoLa Fine di un Sogno Storia di un Italiano di Mario Aloe,, che racconta le vicende della famiglia Baffa, proprietari della torre e dei terreni circostanti, durante il periodo antecedente l’unità d’Italia. 
Oggi in questa escursione eravamo: Franco Francesco StudioVentinove NaccaratoRoberto Aloe , io e Svietlana Malets, del gruppo di Camminando Onlus Amantea
‘Buen camino’ e alla prossima camminata.
Giuliano Guido!
File del percorso in kml dalla torre San Giovanni alla torre della Principessa, transitando da contrada Augurato e Mirabella